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Questa ipotesi trova riscontro anche nelle principali motivazioni addotte per reprimere il fenomeno. 

 


La sentenza contro Cagliostro sembra esprimere in modo esemplare questa unica fattispecie di reato al contempo d'opinione e d'associazione.

 

Non solo; in essa viene annunziata anche l'emanazione di una nuova Costituzione Apostolica e di un nuovo Editto di Segreteria di Stato espressamente diretti contro gli Illuminati e la Setta Egiziana, ribadendo così ancora una volta la dimensione politica di tale processo.

 


Il Sant'Uffizio, dunque, con un unico documento riuscì a rivelare l'esistenza di nuove organizzazioni sovversive nello Stato Pontificio; a riconoscere la natura massonica di queste organizzazioni, ma anche, implicitamente, l'esistenza di differenziazioni al loro interno; a ribadire la volontà giuridica di procedere all'individuazione dei nemici della Chiesa più sulla base di astratte appartenenze associazionistiche, che attraverso l'analisi ideologica e l'accertamento empirico, in sede giudiziaria, dei comportamenti effettivamente tenuti ed, infine, a condannare il Conte di Cagliostro, in quanto simbolo, noto all'opinione pubblica di tutta Europa, di un radicale anche se generico discostamento dai valori e dai canoni di vita tradizionali cristiani.

 


Il libro di Barberi è estremamente esplicito nel rivelare le paure che tormentavano la Santa Sede.

 


All'indomani della piena assoluzione di Cagliostro dal processo parigino del 1785 il re di Francia gli ingiunse di abbandonare Parigi entro 24 ore ed il Paese entro tre settimane.

 


Quest'ordine scatenò l'ira della popolazione che si radunò in massa sotto la casa del “mago” pronta ad impedire con le armi l'applicazione dell'ordine reale. [8]

 


Il fantasma minaccioso della rivoluzione francese già faceva le sue prime apparizioni ed il clero romano, in quest'ultima frase, per altro scritta in corsivo nel testo originale, manifestava il terrore della propria condanna: dove localizzare altrove, quindi, un pretesto per la emissione di una sentenza di condonna?


 

È il Barberi stesso che risponde indirettamente alla domanda, narrando le avventure di Cagliostro: [9]

 


Agli occhi della Chiesa il “mago” apparve come ad un tempo l'emissario e l’untore, in Roma, degli avvenimenti francesi, “emissario ed untore” dal quale ci si doveva guardare con attenzione e sul quale doveva ricadere il castigo esemplare, a futuro monito e deterrente per tutti coloro che fossero portatori dei  medesimi intenti.

 


Troppi indizi legavano Cagliostro a quel grande evento simbolico che fu la completa distruzione della Bastiglia, dalla quale egli stesso era uscito dopo, lunghi mesi di prigionia.



Sia Compagnoni che Barberi ricordano la «Lettera al Popolo Francese» scritta da Cagliostro durante l'esilio londinese il 20 giugno 1786. [10] 

 


Non è certo agevole orientarsi tra tanti interrogativi, né appare fondamentale la loro disamina, al fine di delineare i contorni, l’atmosfera ed il clima nel quale si svolse il processo.

 


In ogni caso, il racconto della seduta divinatoria, presieduta da Cagliostro, che si tenne in Roma a Villa Malta nella notte tra il 13 ed il 14 settembre 1789 getta ulteriore luce sullo stato d'animo del momento.

 


« La fanciulla, che chiamava pupilla, disse di vedere una strada che conduceva da una grande città a un'altra vicina attraversata da una marea di uomini e donne che correvano gridando a squarciagola: 'Abbasso il re'. Cagliostro le chiese che luogo fosse. La fanciulla rispose che sentiva il popolo urlare: 'A Versailles'. Precisò poi che tra quella folla c'era un nobile. Il mago si rivolse allora a noi e disse: 'La pupilla ha predetto il futuro. Non passerà molto tempo che Luigi XVI sarà assalito dal popolo nel palazzo di Versailles, un duca guiderà la folla, la monarchia sarà rovesciata, la Bastiglia rasa al suolo, la libertà trionferà sulla tirannide »[11]



Pare che il cardinale de Bernis, ambasciatore di Francia, intervenuto con molti altri esponenti della nobiltà romana alla seduta, abbia espresso immediatamente la propria vibrata protesta, per il cattivo augurio formulato al suo re, a Cagliostro e, successivamente, anche alle autorità ecclesiastiche romane.

 


Tra le carte sequestrate all'imputato viene rinvenuto il simbolo di una croce con impresse le lettere L.P.D. Interrogato intorno al loro significato,

 


Quel Cagliostro, …, stato si eccellente nella Massoneria, che fece sua questa forma di Patente, che di tutte le più piccole minuzie in essa designate ha saputo dare conto esattissimo, sol di queste Lettere, (N.d.r. volutamente … crediamo) ha asserito, costantemente, d'ignorarne il significato.



D’altronde si sa, che le medesime esprimono il rancoroso sentimento: «Lilium pedibus destrue». [12]

 


La silenziosa allusione a quella tradizione massonica, che fa risalire le proprie origini ai Cavalieri del Tempio, è palese e riversa su Cagliostro la medesima accusa che Barruel rivolge ai Templari ed ai loro eventuali continuatori:  « A tutto il codice della loro empietà essi aggiunsero il voto di vendicarsi dei re e dei pontefici, i quali hanno distrutto il loro ordine, e di tutta la religione, la quale scomunica i loro dogmi.



Essi si fanno dei seguaci, i quali trasmettono di generazione in generazione gli stessi misteri d'iniquità, gli stessi giuramenti, l'istesso odio pel Dio de' cristiani, e per i re, ed i pontefici ». [13] 

 


Per il Sant'Uffizio Cagliostro è colpevole, ma non si capisce bene di cosa: certamente di essere “massone” e tanto bastava, ma nell'ambiguità di volerlo ora presentare come un pericoloso capo degli Illuminati in missione rivoluzionaria a Roma ed ora come un volgare truffatore, che vive di espedienti, si rivela tutto lo sgomento che percorre il clero romano di fronte ai contemporanei eventi francesi.

 


Ad un Balsamo malfattore non si addice, e d’altronde sarebbe inutile, l'etichetta di eretico; ad un Conte di Cagliostro non è credibile e conveniente, sul piano politico, addebitare i reati comuni, di cui tanto si parla nei testi di Barberi e di Compagnoni; a chiunque è contestabile l'appartenenza ad una associazione.

 


Si è, dunque, di fronte ad un imputato dal duplice volto, Balsamo/Cagliostro, costruito ad arte dal potere politico romano per rispondere alle proprie esigenze di controllo sociale.

 


Sul piano giuridico il processo viene condotto contro Cagliostro e la sentenza è tutta a lui dedicata, ma sul piano sociale il reo è un Balsamo dei bassifondi palermitani: il secondo dovrebbe screditare nell'opinione pubblica l'immagine del primo e quest'ultimo deve subire i rigori di una sconfitta completamente politica.

 


In questo modo Cagliostro diviene un po' Balsamo e Balsamo un po' Cagliostro, ossia, in termini più generali, la rivolta sociale tende ad essere identificata dai poteri totalitari con la delinquenza comune.

 


Tornando, ora, al nostro processo, il senso sociologico del medesimo sfuma sempre più nelle nebbie delle paludi della politica pontificia romana ed emerge in primo piano ancora la vergogna giuridica di una procedura inquisitoriale, votata alla falsità ed alla violenza.

 


È chiaro che, in un processo in cui le prove a carico vengono considerate inutili al fine della sentenza, l'affiliazione di tre persone alla Massoneria costituisce una più che sufficiente motivazione sia per considerare l'imputato un pericoloso esponente della rivoluzione in atto, sia per condannarlo a morte.

 


Ma si sa che i processi politici debbono essere vagliati non tanto sul puro piano giudiziario, quanto piuttosto alla luce del contesto sociale nel quale si collocano.

 


All'epoca il potere temporale dei Papi era minacciato dagli eventi francesi e la paura, che faceva vedere cospirazioni e congiure dovunque, probabilmente aveva ormai assunto la dimensione di una vera e propria psicosi collettiva.


 

Molti, troppi dubbi

 

« A voi che siete Avvocato, e siete in Napoli, è lecito di scrivere in difesa del Conte di Cagliostro. In Roma sarebbe un delitto. Io non vi posso scrivere che le accuse … » [14]

 


Questa affermazione di Compagnoni descrive in modo inequivocabile sia il clima di sospetto che regnava all’epoca nella Roma papalina, sia il carattere artificioso, aprioristico, precostituito del processo che si stava svolgendo.

 


« Contentatevi dunque di sapere le cose come si spacciano, non come si provano ».

 


La frase è riferita alle notizie raccolte dall'Amico romano tramite le indiscrezioni di un altro misterioso amico.

 


La forma letteraria dell'epistolario, propria del libro del giurista di Lugo, contribuisce, in modo determinante, a rendere ambigue le posizioni ed equivoche le asserzioni in esso contenute, tuttavia, confrontando quanto affermato da questo misterioso amico con il testo del Barberi, si nota una evidente omogeneità nella narrazione degli avvenimenti.

 


 Non è, quindi, azzardato pensare che, il misterioso amico, altri non sia che il portavoce della posizione ufficiale della Santa Sede.

 


Del resto, non solo le sue versioni dei fatti vengono contrapposte a quelle di un non meno misterioso Fiammingo, sospettato di essere un discepolo Illuminato del Conte, ma sembra anche avere una strana somiglianza personificata con il modo di pensare e di procedere proprio dell'Inquisizione:  « [ ... ] perché di Cronologia non è pratico. Il suo forte sta nelle novità, e nei processi. Di questi ne ha una serie completa di 500 anni. Di novità poi è un vero assorbente. Non v'è cosa ch'egli non sia dei primi a sapere ». [15]


 

La critica di Compagnoni alla procedura giudiziaria inquisitoriale ed allo Stato poliziesco pontificio, serpeggia fra le righe del testo, ed aumenta I dubbi intorno all'equità ed alla legalità di un processo, che appare di natura sempre più politica.

 


Tuttavia i dubbi espressi non sembrano fermarsi all'elemento politico e giudiziario, ma si estendono alla persona stessa del l'imputato.

 


[8] Esso [Cagliostro] temendo di restar vittima di una rivoluzione, li placò, li ringraziò e li persuase dicendogli, che altrove avrebbe fatta sentir la sua voce

[9] E fralle notizie, che acquistò intorno alla Massoneria, vi fu quella, che il colpo di questi Settarj era diretto principalmente contro la Francia, e Roma; venendo in ciò regolati da uno Spagnuolo, che si fa chiamare Thomas Chimenes.

[10] Il Conte di Cagliostro frattanto scrisse una lettera al popolo Francese, e con quello spirito profetico, che le già meditate cose avvenire prevedeva, e le segrete trame i cui fili erano orditi per opera pure di lui, predisse la distruzione della Bastiglia, e adombrò la grande rivoluzione, che non tardò molto a succedere, com'era stato già, sotto il misterioso segreto massonico, stabilito; e n'ebbe da' Parigi un grosso regalo.

[11] "La seduta medianica di Villa Malta non poteva essere un valido pretesto; il Sant'Uffìzio sapeva bene di non poter investigare su un fatto avvenuto nella Sede di un'Ambasciata straniera, per ossequio ai diritti di extraterritorialità di cui lo Stato Pontificio era rispettosissimo''.

[12] Il piede calpesterà il Giglio (di Francia) … secondo altri è l’acronimo di “Louis Philippe d'Orléans”: Gran Maestro della Massoneria francese fin dal 1771, ruolo che occupò alla morte del Conte di Clermont.

[13] A. Barruel, Storia del Giacobinismo. Massoneria e Illuminati di Baviera, cit., p. 67-68.

[14] Anonimo [Giuseppe Compagnoni n.d.r.], Corrispondenza Segreta sulla vita pubblica, e privata del Conte di Cagliostro. Con le sue Avventure e Viaggi in diverse parti del Mondo, e spezialmente in Roma, con l'estratto del suo Processo, e Sentenza e gli Arcani della setta degli Illuminati e Liberi Muratori

[15] Ibidem, p. 94. Forse non è casuale il riferimento ai 500 anni, infatti "[ ... ] il 15 maggio 1252, Innocenzo IV comunicò a tutti i principi d'Italia la famosa bolla Ad Extirpanda, che conteneva una legislazione ponderata ed elaborata, fatta per erigere la persecuzione sistematica al grado di elemento essenziale dell'edificio sociale in ciascun Stato e in ciascuna città, sebbene il compito assai poco definito che vi veniva attribuito ai vescovi, agli inquisitori ed ai frati, denoti quanto le loro rispettive province fossero ancora assai imperfettamente delimitate, e cioè quanto fossero ancora poco precisati i limiti delle rispettive relazioni e doveri.

==> Si ordinava a tutti i magistrati di mettere al bando del paese gli eretici, che si equiparano ai maghi.[ H.C. Lea, Storia dell'Inquisizione, Feltrinelli, Milano 1974, p. 175.]