Siffatto
approccio al “documento storico”, partendo dall'assunto, ben difficilmente
oppugnabile, per effetto del quale risulta assai complesso distinguere la
“storia”, così come portata dal “documento”, da quella scritta da tali
“sedicenti” storici di parte, ma inconfutabilmente viziata dalla diastratia e
dalla diafasia di chi riferisce, metamorfizzata dal percorso diacronico della
informazione, quand’anche quest’ultima sia sovente spacciata per mera cronaca.
Vi è poi
quell'altra “storia” che è il portato: della “leggenda”; della “tradizione
popolare”; della “diceria”; del “mito”; delle “visioni enfatizzate dalle
credenze e dalle superstizioni del popolino”.
Leggere sondare queste altre “versioni del passato”, vuol dire, poi, anche, indagare nella
“storia non scritta o raccontata” e talvolta “artefatta” sia da simpatizzanti e
favoreggiatori, sia da denigratori o detrattori od ancor peggio dai
“vincitori”.
Ne
consegue lapalissianamente che: se è pur vero che sia impossibile provare il
fondamento di ciascuna delle singole, soggettive, interpretazioni, perché è
inverosimile e quanto mai improbabile, ridisegnare, rivivere, sentire, la
essenza, il contenuto e gli spazi temporali e culturali nei quali i “fatti” o i
“fattarelli”, si sono ingenerati, la ricostruzione della “verità storica”, così
come abitualmente intesa, è da considerarsi impresa, tantto vanagloriosa, quanto
fantasiosa.
Ancor più
complesso oltre che inaffrontabile è il “congetturare” ed “interpretare” la
“verità della storia”, sull’improponibile presupposto di conoscere, poter
discernere ed analizzare quegli elementi vitali, essenziali, filosofici, di
consapevolezza e di costume che, nelle varie epoche storiche, nelle quali, i
medesimi accadimenti, sono stati ingenerati, o che essi hanno attraversato, ne
hanno cagionato la naturale alterazione della originaria essenza, oltre che le
metamorfosi delle primigenie simboliche e le manipolazioni, dovute alla
trasposizioni nei vari linguaggi che si sono succeduti.
Né
possono, altresì, venirci in aiuto la filologia, commista ad una attenta
critica, od una analisi comparativa delle fonti che, si pensa, possano
testimoniare la storia medesima.
Ed
allora, perché negare che è indifendibile una tesi od un assunto che contesti,
in antitesi a quanto prima enunciato, il reale fondamento di quanto,
soggettivamente, ciascun “esploratore” ed “indagatore”, ravvisa di interpretare
nella propria decodificazione esegetica degli “ scritti ” e “ de li cunti …” !
Per
questo “La storia”, soprattutto quella scritta dai cosiddetti storici, sancita la
sovranità interpretativa della coscienza personale, non può essere un luogo “maggiormente
protetto” o ritenuto “meno ingannevole” ed insidioso “dei miti .
Ci siamo
perciò posti il quesito di: come organizzare e dare organicità al nostro lavoro
ed alla nostra ricerca; come rendere una sequenza diafasica della nostra
monografia; come inquadrare diacronicamente l’avvicendarsi dei fatti, … senza
incorrere nella trappola del filtro interpretativo e della trasposizione
linguistica, viziata dall'esegesi di chi scrive e da quanto abbiamo appreso da
chi, sull'argomento, ha già scritto … ?
Infine,
quindi, ancorché non certamente esaurita la ricerca, dopo aver tentato di
indagare nel passato, anche attraverso le sue relazioni con l’ambiente
circostante, ed avendo raccolto, parte di tutto quanto rinvenuto, documentato o
tramandato, ed ancora dopo aver riunito anche le tracce materiali che abbiamo incontrato
o discoperto, proseguendo nel ruolo che ci siamo ritagliati, di empirici e non
certo di razionalisti archeologi, per
“riporre” tutto quanto trovato in queste pagine che, presuntuosamente, ci
accingiamo a sottoporre alla vostra attenzione.
E’ come
affidare il tutto ad una sorta di trasparente e protettiva “teca museale”,
senza commenti né tavole esplicative, soltanto qualche concisa “etichetta” che
introduca il contenuto, lasciando libera la mente dei “visitatori”, di
immaginare, immedesimarsi, fantasticare e trovare le proprie “verità”, che poi,
ciascuno, rispecchiando il proprio spirito nell'Athanor del proprio vissuto,
trasmuta anche in … “storia” … la sua personale visione della “storia tal quale da noi illustrata”.
Nel corso
della nostra ricerca, lungo questo percorso, ci consentiremo, e di questo ci
scusiamo già da adesso, soltanto alcune digressioni, allorquando, seguendo una
concettualità ed una comparazione analogica del tutto personalistica e, ben
vero, anche un po' partigiana, tracceremo riferimenti e parallelismi con altri
illustri personaggi del medesimo periodo, che noi osiamo definire “lumi
oscurati “.
Il
riferimento passerà attraverso: Campanella, Bruno, Galileo, e lo stesso Cagliostro,
ed altri che, come loro, videro “abbuiate” le loro vite, ed imprigionata, e ciò
non solo in senso metaforico, la libertà del loro pensiero.
Il
soggetto quindi non è l'uomo in sé ma la sua “Libertà”.
Ci
riferiamo alla “Libertà”, quella immolata, sacrificata, mortificata, umiliata,
relegata, tal quale novella Cabiria, dall'ipocrisia e disonestà intellettuale
di un Karthalo, personificato dal “Pontefice” o dal “Sovrano” di turno,
emulati, in un recente passato, da altri personaggi, non meno oscurantisti e
reazionari, che hanno scritto pagine e pagine nella storia, del secolo appena
trascorso.
Questi,
servendosi della propria “polizia razziale”, possiamo anche chiamarla “Santa
inquisizione”, hanno schiacciato ed ancor oggi schiacciano, sotto il peso di un Moloch, purtroppo ancora oggi
vivo e fagocitante, intelligenze, culture, idee e conoscenze.
Per il
solo fatto che, talune, idee, frutto di un libero pensiero, possono, con il sottendere
teorie contrarie alla ortodossia di altre idee, mettere in pericolo la
conservazione dei loro “dogmi” e delle loro “verità rivelate”, ma soprattutto
lo status quo derivante dalla loro, presunta, supremazia spirituale e dal loro,
effimero, potere temporale.
Questi
nuovi archetipi, che sconvolgono egemonie consolidate, basate sulla imposizione
delle idee, delle credenze, delle fedi, e di filosofie strumentali, quali
straordinari at-tannûr, ingenerando trasformazioni nella struttura mentale e
sottile degli uomini, liberandoli da metalli impuri, operando con la
trasmutazione alchemica, la liberazione dalla ignoranza e facendo loro prendere
coscienza e consapevolezza dell'inesistenza dei loro confini intellettivi.
Perciò
laddove, al posto di possibili dubbi o interrogativi, vi sono dogmi, verità
imposte, non dimostrate, e che, a loro avviso, non devono essere né provate né documentate, ma,
anzitutto, non devono essere messe in discussione, al di là della connotazione
o del tratto distintivo, vi è una “entità” che tiranneggia e reprime, una
“Santa Inquisizione” di turno.
La negazione
e la contrapposizione, con l’uso della violenza, delle altrui idee e degli
altrui pensieri, semplicemente perché ritenuti potenzialmente pericolosi o
solamente rischiosi o minatori, per le loro consolidate egemonie e rendite di
posizione, si estrinseca nel più truculento, disumano ed efferato dei modi.
Tutto nel
“Santo nome” di scelte ideologiche di chi trova più facile, comodo,
conveniente, architettare, partorire ed imporre, con la forza e la violenza, o
con la mera prevaricazione intellettuale, la propria visione della storia,
piuttosto che avventurarsi nella ricerca della verità.
Costoro
sono i medesimi che da taluni, che si ritengono loro “vittime”, vengono
appellati come: tronfi, retorici, boriosi, arroganti; questi impongono, anche
con la tortura, non soltanto fisica, “l’abiura” delle “idee pericolose”, ostili
e o, comunque minacciose, della loro egemonia e del loro predominio, contrapponendo: il
dogma alla ragione; il rogo dell'eretico, al confronto delle idee; la prigione
perpetua, tutto al fine di tacitare e fiaccare spiriti e parole, all’ascolto ed
all’acquisizione di nuove idee e diverse conoscenze.
Tutti
atti di spietata violenza e di repressione di qualsivoglia opinione o contrasto
non conforme con l'arrogante e spocchiosa ortodossia, figlia di una tracotante,
boriosa, indifendibile ed ingiustificabile ottusa presunzione.
Non si
pensi, però, che la Santa Inquisizione, intesa nella sua generica accezione,
quale negazione dell'altrui pensiero e della libertà di espressione, nonché esternazione della medesima indipendenza, sia stata, e sia, appannaggio esclusivo della chiesa
cattolica o di altre confessioni, né che abbia avuto la sua origine nel 1184,
in occasione del Concilio di Verona, voluto da Papa Lucio III e da Federico
Barbarossa.
AD ABOLENDAM DIVERSARUS HAERESUS
PRAVITATEM
Questa
evoluzione è stata soltanto l'istituzionalizzazione e la catechizzazione dei
“ranghi operativi” di questo strumento repressivo della formulazione e
circolazione del libero pensiero.
Potremmo
andare per millenni, indietro nella storia, alla ricerca di sintomatici esempi,
ma un breve excursus ontologico, non tanto lontano da noi, ci ricorda comeSocrate, considerato il primo martire occidentale della libertà di pensiero,
circa cinquecento anni prima del Maestro Cristo, sia stato immolato al medesimo Moloch,
quello della ignoranza e della paura del nuovo, del rifiuto del non
comprensibile, della avversione al cambiamento.
Non miglior sorte è toccata
ad altri straordinari pensatori, suoi contemporanei; Anassagora, che aveva
intuito ed avuto contezza dell'esistenza
della “energia” che pregna e pervade l’universo, fu cacciato da Atene, perché
considerato “empio”; Democrito, padre della teoria atomistica, fu antesignano
delle speculazioni e degli studi di Galileo, e non certo maggior fortuna fu
riservata, né a lui né al genio che dai suoi studi fu “ispirato”.
Che dire
poi, ancora, di coloro che diuturnamente combattono la loro attuale “guerra
ideologica” contro la ricerca genetica e la sperimentazione volta alla
investigazione intorno alla “particella di Dio”; o come non deplorare e
stigmatizzare la costante ed agguerrita battaglia, combattuta anche a suon di
“recenti” scomuniche, al libero pensiero
Massonico ed alla sua tolleranza incondizionata, sancita nei suoi cardinali ed
immutabili Landmarks, concretamente esternata, nei confronti di credo e modi di
pensare diversi; vincente perché libera dai vincoli temporali e geografici
imposti dalle “varie” "moràlia" , o peggio ancora da un, consapevolmente
ipocrita, quanto mutevole, comune senso del pudore.
Quanto … l'umanità
ha perso, nel corso dei secoli, per effetto di questa grettezza e meschinità
intellettuale, quanto … , purtroppo, ancora perderà, perché la “Santa
inquisizione” ha, oggi, mutato nome, ed ancora trasfigurerà, nella forma, non
certo nella sostanza ideologica, il suo metamorfico evolversi è, quindi, al
solo fine di garantirsi la sopravvivenza.
Il buon
Darwin, nella sua esemplificazione del cosiddetto “darwinismo sociale”, inteso
nella sua accezione più reazionaria, avrebbe tranquillamente potuto annoverare
tra i fenomeni antropologico-politici, le “inquisizioni ideologiche e
teologiche”, le quali però, dal loro punto di vista, mentre, pubblicamente e
palesemente, osteggiano le teorie dell'evoluzione, di contro ne fanno largo
uso, ed abuso, utilizzando per i loro fini, le medesime “strategie” legate alla
sopravvivenza “delle loro specie”, tal quali, nelle speculazioni darwiniane,
vengono enunciate e portate a calzante esempio.
Su questi
risvolti, in realtà, meramente riconducibili esclusivamente al piano dello
scontro tra culture, “novelle crociate”, combattute ai fini dell'affermazione
di una credenza sull’altra, allo scopo di garantirsi sopravvivenza, espansione,
maggiore spazio vitale, operando, per questo fine, attraverso nutrite falangi -
sostenitrici di faziose, preconcette, sedicenti, ortodosse ragioni - costituite
da stuoli di catechizzati “hoplites”, che fanno della loro ottusità e della
loro chiusura mentale, la loro “panoplia” a buon mercato.
Queste
formazioni da combattimento rafforzate dalla intransigenza, e dalla ottusa
intolleranza dei loro militanti, hanno operato ed operano, nei campi più
disparati dello scibile, della morale, della religione, della filosofia, nei
tempi e nei luoghi che, alle loro camaleontiche metamorfosi trasfigurative fisiologico-strutturali,
sono più congeniali, dissimulando con sublime arte e maestria le proprie reali
intenzioni.
Riuscendo
ad ingannare anche un’attenta e minuziosa indagine fisiognomica.
Tanti,
ancora oggi, purtroppo, sono i “Torquemada” che sotto le mentite spoglie di
autoritari ed autoreferenti, pseudo custodi di tradizioni, di conoscenze
scientifiche, di dottrine ideologiche, morali o moralistiche, che dir si
voglia, si impongono a coloro che, quali spiriti semplici, succubi di … e
condizionati da un errato, quanto inopportuno, senso di deferenza e di
rispetto, nei confronti di queste novelle “lamie”, nelle scuole, nelle
università, nei laboratori di ricerca, nelle comunità, ed anche, sovente, nelle
“Logge”,
Menti
aperte e liberamente pensanti sono costrette a chinare il capo, unicamente
perché la “casta”, dei novelli “inquisitori”, impone i propri “dogmi”, alzando
gli accenti della discussione e, nella maggior parte dei casi, anche
l’intensità del tono della voce, trasformando quella che di per sé è già una
sfida meramente e sterilmente eristica, al fine di “imporre” le proprie
argomentazioni ed i propri assunti, sostenendo o confutando le medesime tesi, o
le loro antitesi, con sfrontatezza ed improntitudine, a seconda di quanto a loro sia più utile in quel momento.
Queste
evoluzioni, puramente esteriori delle “inquisizioni”, più o meno sante, hanno,
di contro, una concretizzazione pratica assimilabile alle visioni “critico-paranoiche” di Dalì, leggibili tal quale dipinte nella sua “Metamorfosi
di Narciso”, nel rappresentarsi, consciamente e consapevolmente, come esse
vogliono che gli altri le vedano e non come realmente sono ed hanno la
“cosciente” cognizione di essere.
Eppure,
la storia delle due “colonne”, all’interno della cappella di “William Sinclair”, in Scozia a Rosslyn , un insegnamento avrebbe dovuto fornire loro … ma essi, ancora oggi,
preferiscono “uccidere l’Apprendista”, piuttosto che, liberando la mente dai
preconcetti, confrontarsi ed, a propria volta, apprendere, apportando poi,
anch’essi, il contributo del proprio vissuto e della propria esperienza, allo
sviluppo ed alla maggior crescita del genere umano.
Ci si
potrà chiedere, come è accaduto e come possa avvenire, ancora oggi, tutto ciò.
Tutto,
noi crediamo, è iniziato allorquando, sacerdoti, vestali, alchimisti,
astronomi, maghi, filosofi, sciamani, sacerdoti santero, maestri muratori,
tutti gli "aristocratici del libero pensiero", dunque, hanno consentito che i
poteri “temporali e profani“ avessero accesso e vedessero disvelate le loro conoscenze e
le loro scienze, prima a loro esclusivamente riservate; consentendo altresì, che costoro, poi, le mortificassero rendendole, artatamente, “terrene e profane”,
negandone e sconfessandone la loro "provenienza ed origine divina".
I
medesimi, scientemente e con determinazione, hanno quindi asservito ai loro
“falsi ed artefatti credo”, teoretici, politici o populistici, i depositari
della conoscenza, strumentalizzando e racchiudendo in “dogmi” e
“sluagh-ghairm”, attraverso una serie di espressioni ripetitive, di una loro
idea o di un loro proposito, esclusivamente quella parte della altrui “gnòsis”,
funzionale ai loro scopi e, non possedendo, essi, per loro propria natura e costituzione, la
duttilità, la capacità e la facoltà di elaborazione delle idee, hanno
“anatemizzato” e “scomunicato” tutti quei “disegni della mente” che potevano,
in qualsivoglia modo, mettere in pericolo le loro artefatte e strumentali
composizioni.