HOME
?_CHI SIAMO
-
Chi siamo
-
Da dove veniamo
-
Dove siamo diretti
BIBLIOTECA
Le Storie
Ricerche
SCUOLA
STUDI & RICERCHE
LABORATORI
PUBBLICAZIONI
HISTORIA
-Maestri passati
-Luoghi
-Historia
EVENTI
-Conferenze
-Convegni
-Seminari
-Cenacoli
-Streaming
LEGALE
-Atto Costitutivo e statuto
-Regolamento Accademia
-Regolamento Biblioteca
-Organigramma
-Soci
-Contatti & Links
COMITATI
-Ricercatori
-Comitato Scientifico
-Esperti
DONA LIBRI
-Elenco libri da donare
Home
/
b_alchimia dei metalli
L'ALCHIMIA DEI METALLI
L'
idea che esistano metalli
imperfetti
e metalli
perfetti
è legata alla constatazione del fatto che, dei sette metalli classificati sin dall' antichità, cinque (piombo, ferro, stagno, rame, mercurio) sono soggetti alla corruzione, mentre due (argento,
oro
) sono incorruttibili, cioè non soggetti al decadimento fisico prodotto dal tempo.
La spiegazione di questa differenza viene tentata fin dai tempi più antichi, nell' ambito della cultura metallurgica studiata in relazione all' alchimia da M. Eliade, e si fonda su una concezione di carattere vitalistico per cui i metalli sono (come) embrioni, di cui è gravido il ventre della terra, e la maggiore o minore perfezione dipende dallo stato di maturità da essi raggiunto.
Solo l'argento e l'oro sarebbero così metalli completamente formati (paragonabili al feto al termine di una gravidanza regolare).
L'abbinamento fra i metalli e i pianeti, di tradizione antichissima (risale, si ritiene, alla cultura babilonese), è all' origine della simbologia di cui gli alchimisti si servivano, e rafforzò questa lettura gerarchizzante delle caratteristiche pratiche dei metalli.
L'abbinamento dell' oro e dell' argento col sole e con la luna (con i cui nomi vengono spesso indicati nella letteratura alchemica), rafforzò il loro impatto immaginale sulla vita umana, aprendo la strada a quello che sarebbe stato lo sviluppo dell' idea di
oro potabile
.
Tuttavia stabilire che i metalli si collocano sui diversi gradini di una scala di perfezione non significa ancora affermare la loro possibilità di accedere al gradino più alto.
Perché sia possibile pensare questa possibilità è necessaria una
teoria dei metalli
che, garantendone l' omogeneità strutturale, permetta di pensarli come stadi diversi di un' unica specie: solo su questa base, infatti, è possibile concepire l' idea della
trasmutazione
.
Ben presto, però, l'idea che sia possibile produrre la perfezione dei metalli dà luogo all'idea dell'agente concreto di tale perfezione,
l'elixir
, mentre il manifestarsi di tale perfezione nell'oro ripropone il richiamo, già presente nell'alchimia ellenistica, ad una
salvezza
di cui
l'opus
alchemico sarebbe assieme metafora e veicolo.
La definizione di alchimia pertanto si arricchisce, ma anche si fa assai più complessa.
I
l tentativo di dare sistemazione teorica alle osservazioni risultanti dalle pratiche estrattive e metallurgiche dell' antichità sfociò in una teoria della formazione dei metalli nelle miniere che aveva sullo sfondo la dottrina, di origine presocratica, della formazione di tutte le cose concrete (
mixtum
) dai quattro elementi, che avrebbe invece caratterizzato la più generale
teoria della materia
alchemica.
Si ritenne, infatti, che i metalli si formassero per la congelazione, nel ventre della terra, di due vapori di origine elementare: caldo/secco, identificato con la componente
sulphur
;freddo/umido, identificato col nome di
mercurius
.
La loro composizione secondo proporzioni diverse darebbe origine alla diversità dei singoli metalli. Tale teoria, soltanto accennata da Aristotele nelle Meteore, venne sviluppata da autori posteriori ed in particolare da Avicenna , il cui scritto meteorologico, De congelatione et conglutinatione lapidum, tradotto nel XII secolo venne ritenuto inizialmente opera dello stesso Aristotele.
Questa dottrina dava un fondamento teoretico alla convinzione tradizionale che i metalli fossero come embrioni a stadi diversi di maturazione, che giustificava la ricerca della produzione alchemica della
perfezione dei metalli
.
Infatti, essa rendeva comprensibile la prassi operativa fondata sulla constatazione che è possibile, mediante l' uso del
fuoco
, far perdere ai metalli le caratteristiche fisiche che li connotano, riducendoli in uno stato liquido considerato la loro
materia prima
attraverso il quale, con opportune tecniche di lavorazione (amalgami) si possono ottenere nuovi corpi metallici (in realtà leghe) con diverse caratteristiche fisiche (colore, lucentezza, peso, resistenza alla corrosione).
Tali tecniche erano il portato di secoli di metallurgia tradizionale, e questo fa sì che testi di alchimia come quello di Geber latino costituscano anche una documentazione preziosa della metallurgia antica e medievale.
L' applicazione di esse a fini alchemici mira a produrre leghe metalliche che abbiano alcune caratteristiche fisiche dell'
oro
(in particolare il colore e la resistenza alla corrosione), attraverso la produzione di agenti capaci di
tingere
quantità rilevanti di metalli, preparati attraverso serie più o meno standard di
operazioni
.
Per gli alchimisti che lavorano sulla base della teoria zolfo-mercurio permane tuttavia un problema di fondo: la formazione dei metalli nelle miniere è infatti considerata opera del freddo (congelazione), mentre l' alchimista ha a sua disposizione per produrre tale effetto il calore del fuoco (cottura).
Da tale problema, evidente ad esempio nella riflessione mineralogica di Alberto Magno, prende il via un settore importante della riflessione sul rapporto
arte-natura
.
La teoria dei metalli, espressa nell'alchimia metallurgica in termini che possiamo considerare
proto-chimici
, si presta inoltre ad una formulazione in
linguaggio allegorico
, che inizia a diffondersi in testi del tardo Duecento e soprattutto del secolo successivo e che costituisce uno dei fattori di svolta e di complessificazione della tradizione alchemica, accentuandone il legame con la problematica religiosa della
salvezza
.
L
a trasformazione dei metalli vili in
oro
avviene attraverso una serie di
operazioni
che conducono al risultato voluto, definito appunto trasmutazione.
A differenza della "trasformazione", la "trasmutazione" implica un mutamento totale della sostanza, nell'ordine della perfezione.
La possibilità di ottenere l'oro a partire dai metalli soggetti a corruzione è fondata sulla
teoria dei metalli
di origine antica, e sull' idea che attraverso un' attività operativa l' alchimista possa ottenere la
perfezione dei metalli
.
Il processo messo in atto mira a riportare il metallo prescelto allo stato liquido, in modo da poterne riequilibrare la struttura mediante l'aggiunta o la sottrazione di quella delle due esalazioni di base (
suplhur
-
mercurius
), di cui sia carente o eccedente rispetto al metallo perfetto.
Ciò dà luogo alla preparazione di veri e propri amalgami e all' ottenimento di leghe metalliche che possono avere caratteristiche fisiche (colore, peso, resistenza alla corruzione) che le assimilano all'oro. La trasmutazione dei metalli viene considerata come uno dei due effetti ottenibili attraverso l' uso (
proiezione
) dell'
elixir
prodotto alchemicamente o della
quintessenza
ottenuta mediante la
distillazione
;nella letteratura alchemica allegorica il processo della trasmutazione è spesso rivestito da immagini della
reintegrazione
di un corpo che era stato smembrato e "messo a morte".
Tutti i processi di trasmutazione sono comunque sintetizzabili con la formula "
" (dissolvi e solidifica), intesi come i due poli di ogni tipo di operatività alchemica.
Il processo della
trasmutazione
avviene attraverso una serie di operazioni compiute utilizzando il
fuoco
su sostanze isolate dall' ambiente circostante in quanto sono racchiuse in
vasi
sigillati.
Le operazioni producono i cambiamenti dello stato fisico delle sostanze poste nel vaso; se ne conoscono variazioni innumerevoli.
Come esempio utilizziamo le definizioni che ne vengono date nella Summa perfectionis magisterii di Geber latino.
La sublimazione "monda gli spiriti dalla terrosità", cioè separa la parte volatile dalla parte solida.
La distillazione "è l'ascesa dei vapori acquei nel vaso".
La calcinazione è "riduzione in polvere di una sostanza secca mediante il fuoco, causata dalla sottrazione dell' umidità che tiene insieme le parti".
La dissoluzione è "la riduzione di una sostanza secca in liquido". La coagulazione è "la solidificazione di una sostanza liquida per sottrazione dell' umidità".
La fissazione "è il trattamento (solidificante) delle sostanze volatili".
La cerazione è "la mollificazione che tende alla liquefazione di una sostanza dura che non fonde".
In alcuni testi, come il Codicillus dello pseudo-Raimondo Lullo, che accentuano l' aspetto teorico del sapere alchemico e tentano perciò di definirne in maniera sistematica la struttura, le operazioni vengono raggruppate in quattro fasi fondamentali o
regimi
, cui corrispondono mutamenti nel colore delle sostanze:
solutio (dissoluzione),
ablutio (purificazione),
congelatio (solidificazione),
fixatio (indurimento).
Sullo schema dei quattro regimi e dei quattro colori (nigredo, cauda pavonis, albedo, rubedo) insiste soprattutto l'interptretazione dell' alchimia data da C.G. Jung.
S
copo dichiarato dell'alchimia metallurgica era la
trasmutazione
dei metalli vili in oro, ottenuta attraverso un processo che si riteneva in grado di produrre la
perfezione dei metalli
.
La differenza fondamentale tra l'oro alchemico, ottenuto artificialmente, e l'oro naturale, risiede nella capacità attribuita al primo di
moltiplicarsi
, ovvero di conferire le proprie caratteristiche a quantità sempre maggiori di un metallo non nobile sul quale (dopo adeguata preparazione di esso) viene
proiettato
, o che può
tingere
.
Solo il metallo trasmutato è a sua volta capace di trasmutare, e questa concezione alimenta la convinzione, espressa da Ruggero Bacone, che l'oro alchemico sia superiore a quello naturale - tema di fondo del dibattito
arte-natura
.
Gli alchimisti non ignoravano, infatti, che fra l' oro prodotto alchemicamente e quello estratto dalle miniere permangono delle differenze fisiche: le tecniche docimastiche più comuni (
coppellazione
,
crogiuolo
) erano ben conosciute; sulla contrapposizione fra l'oro alchemico e quello naturale si basò la polemica contro gli alchimisti falsari, ufficializzata con la bolla
"Spondent quas non exhibent" dal papa Giovanni XXII (1319).
Non mancano peraltro pareri di famosi giuristi convinti che l' alchimia potesse ottenere un oro identico a quello naturale.
Il nodo del problema risiede, evidentemente, nella definizione delle caratteristiche essenziali dell'oro, sulla quale tuttavia né i documenti alchemici né quelli giuridici si pronunciano esplicitamente.