- Ancora prima della Summa perfectionis di Geber, in
cui William Newman ha scorto l’antecedente più remoto del dissolvente universale di Van Helmont, è possibile
rintracciare questa concezione nell’alchimia greco-alessandrina, i cui testi
descrivono un’acqua sulfurea o divina.
- Un altro parente-almeno in apparenza
meno umido dell’Alkahest è il fuoco segreto, termine frequente nella
letteratura alchemica moderna, destinato a comparire in un notevole numero di
scritti.
- Tale fuoco è spesso definito come un’acqua che non bagna le mani, odacqua ignea; l’ignis aqua, appunto, che anche Van Helmont adotta come sinonimo
del suo dissolvente.
- Anche se i passaggi sull’Alkahest rimangono dispersi lungo
tutto l’Ortus Medicinae e in altri scritti helmontiani, è molto facile
comprendere che, nelle intenzioni del medico fiammingo, il rinvenimento dei prima entia dei corpi animali, vegetali e minerali aveva per obiettivo un loro
impiego a fini medici e terapeutici.
Gli enti primi delle sostanze curative, infatti, come alcune
piante, mantengono le virtù originarie, prive però delle impurità precedenti.
- L’Alkahest è quindi un incredibile strumento per ottenere
proprietà medicamentose da sostanze che, se usate allo stato di natura,
risulterebbero inefficaci, od in ogni caso assai meno indicate.
- Nella sua pratica, Van Helmont si era anche prodigato nel
tentativo della confezione di un elisir di lunga vita, sempre tramite il
provvidenziale ricorso all’Alkahest.
- Aveva individuato la materia prescelta nel cedro del Libano,
sulla scorta dei passi biblici dove compare, e soprattutto di un sogno
rivelatore dove gli era apparsa la terra interamente sommersa dal Diluvio, con
la sola eccezione del Libano, che alle sommità delle sue montagne aveva
preservato i cedri.
- A quel punto per Van Helmont si trattava di mettere in
pratica quell’ispirazione, ricavando dal cedro il suo primum ens, capace di
prolungare la vita dell’uomo.
Secondo Van Helmont tuttavia, già di per sé, e non solo
come mezzo deputato all’estrazione di altri farmaci, l’Alkahest costituiva una
medicina prodigiosa, e questo principalmente per via della facoltà di penetrare
i corpi grazie alle sue finissime particelle.La teoria patologica di Van Helmont, di stampo paracelsiano,
ci aiuta a capire meglio dove si dirigano gli effetti benefici dell’Alkahest:
esiste una forza o spirito artigiano, che governa il corpo fisico dell’uomo nel
suo complesso, orientandone lo sviluppo, ed il suo nome è Archeus influus.
- Oltre ad esso, nei diversi organi operano gli archei insiti,
che presiedono alle loro funzioni. La malattia nasce dallo squilibrio di queste
forze, entrate in contatto accidentalmente con le proprietà seminali dei morbi.
Pertanto il rimedio non potrà che consistere in un ripristino
della normale funzionalità dell’Archeo:
“[…] nulla
possibilis esset laetarum virium reaestauratio, ut neque Archei pacatio: et per
consenquens nulla sanatio, si verum usque fit. Quod naturae ipsae sunt morborum
medicatrices, earumque minister medicus”.
Non vi è alcuna guarigione che non passi da un ripristino
delle normali funzioni dell’Archeo. Solo
l’Alkahest e due altre medicine presenti nei trattati paracelsiani, la tintura
lilei ed il mercurio diaforetico {NOCCIOLO}, erano in grado di risanare l’Archeo,
ma il solvente universale superava di molto gli effetti degli altri due
farmaci.
La visione spagirica
- “Questa pianta, di cui si sono trovate tracce nel terziario, secondo la leggenda, costituì il legno con cui fu fatta la barca di Ercole al suo ritorno dal Giardino delle Esperidi.
- E’ il legno che dona la possibilità di vedere oltre, ed incarnado la funzionalità dell’Intermediario, con esso si costruiscono le bacchette magiche che, rispettando la loro funzione mercuriana, hanno il compito di fare da ponte di passaggio tra il formale e l’informale, tra il Cielo e la Terra.
- Inoltre, è lo strumento impiegato dal rabdomante per scoprire le varie vene telluriche sotterranee che sono in genere accompagnate da vene d’acqua.
- In natura, il nocciolo segna l’avvicendamento che dovrà subire un bosco, perchè, compare quando nasce una foresta, fa quindi da intermediario tra la strada ed il grandioso individuo che dovrà “uscire alla luce“.
- Incarna funzioni squisitamente mercuriane che hanno il compito di fare da ponte di passaggio tra una realtà concreta: la strada, ove scorre la vita di tutti i giorni, ed un ente metafisico che deve prendere forma, ed in cui le energie cosmiche, ignorate e non percebili dall’occhio umano, sono all’opera per cristallizarsi nella forma.
- I frutti di questa pianta sono molto più digeribili delle noci, fanno parte della dieta del diabetico, ed i suoi amenti, con la corteccia, le foglie ed i semi, sono indicati nei difetti circolatori, e per uso esterno, negli edemi in genere e la cura della pelle.” (tratto da “Il Volo dei Sette Ibis” A.Gentili)
- In base alle ricerche condotte da Bernard Joly, sappiamo
Federico III era fortemente interessato ai lavori di Van Helmont, tanto da
arrivare a procurarsi dalla vedova dello studioso fiammingo dell’Alkahest di
qualità mediocre.
- Questo interesse non mancò tuttavia di suscitare delle
espresse riserve.
- Otto Tachenius scrisse infatti a Venezia, dove esercitava la
professione di medico, la sua Epistola de famoso liquore, dedicandola proprio
al principe Federico.
- L’intento di Tachenius, iatrochimico piuttosto distante da
influssi ermetici o paracelsiani, era gettare nel completo discredito le teorie
di Van Helmont e dei suoi seguaci.
- La lettera è infatti costruita sulle citazioni dell’Ortus
medicinae, che Tachenius vigorosamente confuta.
- Egli accusa Van Helmont di aver frainteso la natura del
liquore di Paracelso, rivolgendo le sue critiche anche agli antichi alchimisti,
come Basilio Valentino ed il paracelsiano Osvald Croll.
- Alle teorie di Van Helmont Tachenius oppone la propria
attività di laboratorio, a base di distillazioni con l’aceto ed esperimenti con
il sale di tartaro e l’antimonio.